di Luigi Lembo
Coperto da teli per il recente restauro, l’hotel Capri sfugge agli sguardi di chi attraversa via Roma e con esso il suo severo profilo che ha visto la storia degli ultimi due secoli della nostra comunità. L’edificio era originariamente una prestigiosa villa privata; appartenuta alla famiglia Fiorentino, proprietari dell’hotel Excelsior Vittoria di Sorrento e dell’hotel Vesuvio di Napoli, che si chiamava per l’appunto Villa Fiorentina. La storia della residenza fu contraddistinta già dalla sua origine da eventi che diedero spesso adito a chiacchiericci e scandali, a comL’alinciare dal fatto che pare fosse il rifugio preferito nei primi anni del 1900 del principe ereditario e futuro Re Vittorio Emanuele III per incontri extraconiugali con una nobildonna napoletana. Il re pare giungesse con frequenza e spesso nottetempo sull’Isola per incontrarsi con la sua amante. Di certo però la sua presenza non passò inosservata tanto che, nel 1918, i capresi vollero addirittura dedicargli la principale arteria che dalla Piazzetta và verso il Quisisana già via Hohenzollern e, per un breve periodo, “via Gloriosi Figli di Capri”. A proposito di Vittorio Emanuele III va detto inoltre che Capri fu anche il rifugio preferito dalla sua amata figlia Mafalda che acquistò casa proprio alle spalle dell’hotel. Qualche anno dopo la villa fu fittata dal Barone tedesco Von Rehden che vi impiantò l’albergo Savoia (poi trasformato in hotel Belvedere) per poi essere acquistata dall’anacaprese Damiano Arcucci, che aveva fatto fortuna in America e che, possedendo già la Pensione White House a Villa Valentino, pensò di fondere i due esercizi sotto il nome di hotel Capri. In gioventù Damiano guidava uno dei due unici carri a cavallo usati per il trasporto merci da Marina Grande ad Anacapri. Parlava un po’ d’inglese, appreso durante la sua permanenza in America e correva voce che il denaro con cui aveva acquistato Villa Valentino gli venisse da un’anziana signora americana che era stata per lungo tempo sua amante. Nonostante avesse fatto solo le elementari, aveva imparato le buone maniere e sapeva vestirsi bene. Aveva un suo fascino mascolino tanto da essere considerato un impenitente donnaiolo. Diceva Weber, suo amico di sempre, che se fosse stato mussulmano avrebbe avuto una mezza dozzina di mogli e le avrebbe tutte soddisfatte. Era comunque un abile uomo d’affari e seppe acquistare l’hotel Capri proprio in un momento di crisi. Nonostante l’albergo avesse una posizione infelice, con la facciata esposta al nord e quindi al freddo e all’umidità, riuscì comunque a gestire con successo la struttura tenendo praticamente sempre occupate le sedici stanze, di cui ben tre con bagno privato, della struttura. Facente parte della struttura vi erano anche una fila di stalle, attualmente diventate negozi e le cui sopraelevazioni risalgono alla seconda metà degli anni 30, oltre che un’ampio giardino. Va infine detto che la facciata, che vedremo presto ritornare ad imperare lungo la strada, è stata nel tempo oggetto di critiche e di numerosi rifacimenti. Curioso quanto stabilì la Commissione edilizia del 2 ottobre del 1926 che obbligò il costruttore Talamona ad intervenire con massima urgenza affinchè fosse abbellita “la brutta facciata” intonandosi alla modernità della nuova via Trento e Trieste.