Fonte. Il Mattino dell’8 gennaio 2024
di Raffaele Marino
L’intervento sul quotidiano La Repubblica di Alberto Lucarelli sulla istituzione della area marina protetta per l’isola di Capri induce a più di una riflessione.
Le aree marine protette sono costituite da ambienti marini, acque, fondali e tratti di costa prospicenti, che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche, con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere nonché per l’importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono. Possono essere costituite da un ambiente marino avente rilevante valore storico, archeologico-ambientale e culturale. È davvero incredibile che al 6 gennaio 2024 non solo l’isola di Capri, patrimonio dell’intera umanità per i suoi valori paesaggistici e culturali, non sia ancora dotata di un’area marina protetta, ma, addirittura, che ancora si discuta e si cerchino distinguo in relazione alla necessità della sua istituzione. È un fatto che l’isola sia giunta ad un passo dalla implosione per la massa enorme di turisti che la visitano. È un fatto che attorno alle coste dell’isola orbiti una massa di diportisti di altissimo, alto e basso bordo (inteso nel senso materiale del termine in riferimento alle imbarcazioni) non più sostenibile.
È davvero un paradosso che la penisola di Punta Campanella, distante appena tre miglia nautiche da Capri, sia dotata fin dal 1997 di un’area marina protetta e Capri ne sia tuttora sfornita. È davvero un paradosso che la vigente legislazione italiana imponga severissimi vincoli per l’attività edilizia umana sulla terra ferma, ma lasci del tutto priva di regolamentazione e tutela la fruizione del mare che circonda uno dei posti unici al mondo, che ha reso giustamente famoso il nostro paese, le cui bellezze naturali e paesaggistiche, ma anche culturali sono state celebrate da innumerevoli giganti della cultura da Neruda a Rilke, Gorky, Ada Negri, Margarite Yourcenar e via dicendo Ma venendo a tempi più recenti come è possibile non pensare di preservare un patrimonio paesaggistico ormai noto in tutto il mondo: basti pensare agli spot pubblicitari degli stilisti Dolce&Gabbana. L’istituzione dell’area marina protetta significa avere finalmente uno strumento di regolamentazione e di tutela democratica: il mare è un bene dell’intera comunità. È una risorsa limitata, che va protetta dal suo sfruttamento selvaggio; l’AMP è in grado di contemperare gli obiettivi di tutela della natura (flora, fauna e ecosistemi) e lo sviluppo sostenibile di attività economiche come la pesca e il turismo responsabile.
È dal lontano 2009 (Rapporto Censis) che le amministrazioni comunali di Capri ed Anacapri insieme a Federalberghi e all’ASCOM dei due Comuni hanno redatto un manifesto per Capri in cui si segnala la necessità ed una prospettiva di sviluppo dell’isola di Capri che non fosse quello predatorio del tutto ora e subito, del turismo mordi e fuggi, di corto respiro e destinato all’inevitabile fallimento e degrado di tutta l’isola. Già allora si proponeva l’istituzione di un parco marino. Ma ancor prima basti qui ricordare un famoso convegno che lo scrittore ed ingegnere Edwin Cerio, a lungo anche sindaco di Capri, promosse il 9 e 10 luglio del 1922 sulla tutela del paesaggio dell’isola.
L’intenzione già all’epoca era di trovare un netto equilibro tra sviluppo, progresso e conservazione dei valori storici e naturalistici che ancora resistono nel tempo. La navigazione, intesa sia come traffico turistico-commerciale, sia come traffico da diporto, la fruizione turistica del mare intesa come balneazione che come turismo subacqueo e la pesca sono attività economiche che devono essere orientate ad uno ordinato sviluppo che consenta una fruizione equa e democratica da parte di tutti gli utenti.
Oggi assistiamo da un lato ad un turismo di massa non più sopportabile senza adeguate regolamentazioni e ad un turismo di élite che riserva a pochissimi super-ricchi la fruizione dei siti più ambiti (valga per tutti l’esempio della chiusura assoluta di villa Malaparte).
La Legge quadro 394/91 all’articolo 19, individua le attività vietate nelle aree marine protette, quelle cioè che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell’ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell’area.
Ma va detto anche che già oggi, pur in assenza di un’area marina protetta, la nostra legislazione consente una più puntuale regolamentazione dei traffici marittimi pubblici e privati.
Esiste allora evidentemente un problema anche rispetto agli organi deputati a far rispettare le leggi vigenti (Organi di polizia locale, guardia costiera, capitanerie, e organi di polizia, marittima e non, pur esistenti sull’isola). Una maggiore e migliore dotazione di infrastrutture e risorse materiali e personali (rete di video-sorveglianza, personale specificamente addestrato e addetto al controllo delle licenze, al rispetto degli orari, alla assegnazione delle banchine) accompagnata da una indicazione di priorità, di sensibilizzazione, di formazione ed educazione al rispetto del mare costituiscono ormai gli snodi ineludibili, per una difesa dell’isola, che non va lasciata ai pochi volenterosi esposti agli attacchi minacciosi da parte di portatori di nemmeno tanto oscuri interessi economici. L’alternativa che si profila all’orizzonte, chiara, ma allo stesso tempo fosca, è il prevalere di quegli interessi forti, spesso gestiti da una criminalità, organizzata e non, che sollecita anche un intervento di tipo repressivo da parte degli organi inquirenti napoletani. Il futuro dell’isola e di quanti la amano (e non siamo pochi) dipende solo da noi.
* Già magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia e già Proc. Agg.